Il passeggero

Passeggero è colui che passa, nello spazio e nel tempo.

libro di McCarthy, Il passeggero

Il passeggero di Cormac McCarthy

Il passeggero passa, a volte fugge, sempre subisce una perdita, forse acquista qualcosa nel suo viaggio, ma tutto è destinato a trascorrere, ad essere perso.
Il passeggero è il titolo del romanzo, è anche la persona scomparsa dal relitto, ma è soprattutto il protagonista, Bobby Western, che va avanti guardando indietro, nell’impossibile tentativo di conservare i brandelli della sua vita: «Sarebbe venuto un tempo in cui tutti i ricordi di quel posto e di quelle persone sarebbero stati stralciati dal registro del mondo ». Tutto viene dissolto.
«Ogni realtà è perdita e ogni perdita è definitiva. Altre non ce n’è. E la realtà che indaghiamo deve prima di tutto contenerci. E cosa siamo noi? Dieci percento biologia e novanta percento mormorio notturno».
La meta del passeggero è il tramonto, poi la notte, quindi la sparizione.
In questo romanzo, difficile, faticoso, l’autore dirige il suo protagonista verso il tramonto, la solitudine, il vuoto, il rimpianto di ciò e di chi, soprattutto, si è perduto.
Le più belle descrizioni, le più struggenti, sono quelle dei tramonti.
«Scese la strada e attraversò i binari della ferrovia. Il rosso della sera nel vetro dei palazzi. In alto un breve e tremulo volo d’oche. Che guadavano quello scampolo di giorno nell’aria sottile. Seguendo il corso del fiume sottostante. Sostò sul pietrame dell’argine. Pietre e lastre in frantumi. Le lente volute dell’acqua che scorre».
«Percorreva la linea di marea al tramonto dove gli ultimi rossi raggi di sole si allargavano lentamente nel cielo a ovest e le pozze di marea ristagnavano come sangue versato. Si fermava per girarsi a guardare le proprie impronte. Che si riempivano d’acqua una dopo l’altra. Nelle ultime ore di luce i banchi di sabbia parevano muoversi lentamente e i colori del sole morente si estinguevano e l’oscurità allora si abbatteva improvvisamente come una fonderia che chiuda per la notte».

Dissertazioni matematiche e filosofiche, descrizioni tecniche minuziose, interrompono la narrazione; annotazioni che certamente il lettore può capire solo in parte a meno che non sia un esperto di tali materie; eppure si rimane inchiodati al racconto, anzi invischiati, avvolti in vortici che risucchiano lentamente, come nelle sabbie mobili. Ci si chiede il perché di queste inserzioni, che nulla chiariscono. La risposta, forse, sta nella costatazione che anche conoscere la realtà è impossibile, come asserisce il Kid: «Il mondo è un posto ingannevole. Molte delle cose che vedi non sono più realmente qui. Sono un’immagine residua. Per così dire. Cosa sapeva? Sapeva che alla fine è impossibile sapere. Impossibile afferrare il mondo. Puoi solo descriverlo. Che si tratti di un toro sulla parete di una grotta o di un’equazione differenziale non cambia niente».

Chi è Bobby Western? Il Kid, entità inclassificabile ma decisiva per ricucire brandelli di coscienza e ricordi, lo definisce «un tizio che indaga sulla sanità mentale della sorella a partire dalle allucinazioni di quest’ultima».
Nella vita ‘normale’ è un sommozzatore perseguitato da agenti governativi dopo aver visto, durante un recupero, un JetStar adagiato sul fondo, ancora chiuso, con nove cadaveri a bordo. Il problema è che dalla lista dei passeggeri manca una persona. Dov’è finito il passeggero assente? Sembra una questione da segreto di stato, di cui Western ignora tutto e da cui cerca di fuggire. Diventa un passeggero fuggitivo, passeggero che fugge da una realtà all’altra,  tormentato dalla perdita dell’amatissima sorella, una perdita incolmabile e definitiva: «Che ne sai tu del dolore? gridò. Non ne sai niente. Non esiste altra perdita. Capisci? Il mondo è cenere. Cenere».
Di questa Alicia, matematica geniale, pazza, bellissima ed infelice, seguiamo il racconto nei brani che intervallano la storia di Western. La sua tragedia prende forma attraverso le sue follie: sono le allucinazioni che la tormentano a narrare la sua vicenda.
Intanto Bobby percorre la sua strada attraverso ricordi ed incontri con strani personaggi, fugge da New Orleans, da Knoxville,  dalle piattaforme petrolifere della Florida, perseguitato dai rimorsi e dalle morti di amici e persone care, finché arriva alla fine del mondo.
E allora, come ne “La strada”, il viaggio è finito. La conclusione è sospesa nel nulla.

McCarthy se n’è andato poco tempo fa e questo romanzo, a tutti gli effetti, è il suo testamento.

 

 

 

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