La camera azzurra

Georges Simenon
La camera azzurra
Adelphi 2010

Che dire di Tony? Niente di esaltante; un bell’uomo, sembra; un po’ vanesio, piuttosto ignorante, orgoglioso di essersi fatto da sé (lui, figlio di immigrati italiani e in quanto tale emarginato), un po’zuzzurellone (come si diceva in altri tempi), nel senso che pur essendo sposato non disdegna qualche avventura in giro nei paesi e nelle fiere che frequenta per lavoro; tutto sommato una persona semplice ed anche un buon ragazzo.
Finché non compare – anzi ricompare, dal momento che era sua compagna di scuola – Andrée. Anche lei sposata; suo marito Nicolas, il droghiere del paese, è cupo ed ammalato. Tra Tony ed Andrée comincia una relazione, che diventa sempre più ossessiva. Apprendiamo ciò che succede un po’ alla volta, seguendo il filo dei ricordi di Tony e quel che emerge dagli interrogatori; perché c’è un’indagine, e dove c’è un’indagine c’è anche un delitto, forse più d’uno…
Mentre scorre l’incessante narrazione dei fatti come fosse un film dentro la testa del protagonista, i ricordi si tramutano in rimpianti per aver perso una vita normale e serena accanto a sua moglie e a sua figlia: «Si sentiva felice e triste. Ma non a causa di Andrée né di Nicolas. Non ricordava di averci pensato. Felice e triste come la vita, così avrebbe voluto dire».
E intanto su Tony – e sul lettore – incombe qualcosa, un macigno in bilico pronto a precipitare e schiacciare. Fino alla fine.
Tutto si svolge in quella provincia francese che Simenon sa dipingere con abilità ineguagliabile, ambiente fisico localizzato con precisione e tuttavia anche luogo dell’anima. Già alla seconda pagina quei rumori indefiniti che filtrano dall’esterno ci riempiono di una nostalgia malinconica: «In strada un camion vuoto sobbalzava sul selciato. Dai tavolini del bar dell’albergo giungeva un vocio confuso, a tratti si riuscivano a distinguere alcune parole, ma slegate l’una dall’altra, cosicché il senso della frase risultava incomprensibile».
Più avanti poche annotazioni quasi anonime evocano una profonda desolazione che spegne ogni residua sensibilità e precipitano Tony in una tomba di indifferenza: «Si sentiva fiacco, spento, come del resto era stata quella giornata del 17 febbraio, con il cielo di un grigio uniforme, la luce scarsa, la campagna che sembrava deserta, le pozzanghere rimaste dopo un recente acquazzone».
In quarta di copertina Mario Fortunato scrive: «… forse uno dei migliori Simenon che si siano letti. Ed è quasi insopportabile per quanto è bello. Provincia francese, un amore extraconiugale per molti versi inspiegabile e famelico, pochi personaggi, rari esterni. Questi gli ingredienti. Ma nel volgere di poche pagine, lo scrittore ci fa precipitare dentro un universo di indescrivibile, ordinaria infelicità piccolo borghese… Di recente, in Inghilterra e Stati Uniti qualche sciocco si scandalizzato che Simenon sia entrato a far parte della Pléiade. Lo inviterei a leggere subito La camera azzurra».

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