Rifugio lagunare

Rifugio lagunare si potrebbe definire la distesa d’acqua che si stende tra i lidi e la linea costiera alto adriatica. È un rifugio lagunare per fuggiaschi di varie epoche e da varie invasioni, Unni, Longobardi.

Venezia e laguna

Venezia nasce come rifugio lagunare

Rifugio lagunare formato dalla natura, ma poi controllato e trasformato dagli uomini.
«La linea costiera alto adriatica si stabilì in posizione più arretrata rispetto a quella attuale, ma i depositi alluvionali dei numerosi fiumi che in essa sfociavano finirono, in vari punti, con lo spostarla nuovamente innanzi. Altri detriti, con l’ausilio delle correnti litoranee, si distribuirono in modo tale da formare delle sottili barre sabbiose chiamate lidi. Tra questi lidi e la costa vera e propria vennero così a trovarsi dei placidi specchi di acqua salmastra alimentati dai flussi marini che vi penetravano attraverso i varchi (bocche o porti) che si aprivano nei lidi stessi.»
Così, dalle sue origini,  inizia la “breve storia illustrata di Venezia” di Giovanni Scarabello, Paolo Morachiello, Mario Piana. Il primo studioso, che è stato professore associato di Storia Veneta all’Università Ca’ Foscari di Venezia, ha pubblicato opere sullo stato veneziano. Il secondo è stato professore ordinario di Storia dell’Architettura all’Università IUAV e sempre all’Università IUAV è professore associato di Restauro Architettonico il terzo.

Competenze indispensabili per chi voglia conoscere in modo fondato le vicende veneziane.

Venezia – breve storia illustrata tratta in modo chiaro, ordinato, scientificamente documentato, gli eventi storici che hanno formato Venezia, ne illustra le istituzioni, racconta come si forma la sua architettura nel corso del tempo, spiegando i tanti perché della sua nascita, della sua decadenza come Repubblica Serenissima, delle sue trasformazioni inevitabili.

Terra “anfibia” questo rifugio lagunare, abitata da gente romana, attraversata da mercanti greci ed etruschi, luogo particolare dove si può costruire solamente sul fango. Man mano che arrivano “i fuggitivi” la popolazione aumenta, perché i nuovi arrivati in queste isolette si mescolano con chi trovano, formano piccole comunità che in seguito si uniscono. A poco a poco sorge la città, prima sotto l’influenza bizantina, poi sempre più in autonomia, mescolando echi dell’Oriente con le esperienze occidentali. L’architettura lo testimonia.
Lavorare con il mare diventa l’attività chiave per lo sviluppo. Per far funzionare il tutto sorgono istituzioni adatte, prima il Dogado, poi, seguendo lo svolgersi degli eventi, il Comune. Intanto Venezia si afferma come città di frontiera nel duplice e sovrapponibile scambio tra mare e terra, tra area europea e area mediterranea orientale. Nasce lo “Stato da mar”, disegnato dalle sue istituzioni che nel corso dei secoli vengono configurandosi come sistema costituzionale repubblicano, fondato sulla molteplicità degli organismi politici, su una fitta trama di rapporti, equilibri e garanzie e sulla rappresentanza ampia della popolazione, anche se limitata ai ceti più abbienti. «Rafforzare il potere marittimo in funzione all’espansione commerciale era una delle linee generali della politica veneziana»: questo atteggiamento rimane una costante in tutto il corso della vita della Serenissima.
L’architettura segue questa crescita e fa nascere quei monumenti che connotano Venezia: il Palazzo Ducale, San Marco con i suoi mosaici e la Pala d’oro, la Piazza, chiese e monasteri, il mercato e il ponte di Rialto, il porto mercantile, le case-fondaco.  Pubblico e privato concorrono a questo vero e proprio decollo urbano. Nel libro si descrive con dovizia di particolari questa architettura fatta per una società di mercanti, armatori, navigatori.
La realtà economica e sociale si evolve e già nel secolo XIII è evidente che le istituzioni comunali non sono più in grado di governare queste nuove situazioni; nasce la repubblica aristocratica, ma non è mai una rottura con il passato, quanto piuttosto una lenta evoluzione.
XIV e XV secolo: navi e arsenale sono le basi della potenza veneziana; le attività mercantili e marittime raggiungono un grande sviluppo grazie alla sapiente gestione politica, un successo che «dipese dall’intelligente continuità con cui i governanti e la società veneziani seguirono politiche intese a modellare le strutture statuali e a gestire i rapporti internazionali in funzione di quelle attività».
Il destino di questo rifugio lagunare che è diventato una potenza si intreccia  per tutto il Trecento con la storia degli stati italiani e nella prima metà del Quattrocento allo “stato da mar” si aggiunge lo “stato da terra”, mentre un’altra potenza si affaccia sul Mediterraneo e contende a Venezia il dominio: I Turchi.

Ma un’altra guerra viene intrapresa, quella per salvare il rifugio laguna dai suoi fiumi, perché Venezia è un miracolo che sta in equilibrio tra mare e terra, minacciata sia dall’interramento che dall’inondazione.
«Per scongiurare l’interramento della laguna prodotto dai detriti portati dai fiumi che vi sfociavano e dalle sabbie che il mare depositava davanti alle imboccature dei porti e per scongiurare l’opposto pericolo che fosse il mare, sospinto da eccezionali alte maree e violente burrasche, a entrare in laguna e a tutto sommergere, i veneziani condussero una guerra lunghissima opponendo dinamica a dinamica, elemento a elemento, impegnando senza tregua intelletto, uomini e mezzi. Non sempre essi conseguirono vittorie definitive, ma certo riuscirono a salvare la città dall’ultimo effetto fatale».
Il primo nemico fu il Brenta che richiese deviazioni ripetute, ma anche altri fiumi, il Bacchiglione, il Piave, il Sile, furono sottoposti all’opera del “Collegio alle Acque”, una importante magistratura creata nella prima metà del Cinquecento. Tutti i fiumi della zona, dal Tagliamento al Po, contribuivano all’interramento della laguna, perché le correnti litoranee convogliavano le alluvioni facendo innalzare i fondali davanti ai porti. Il mare, da parte sua, contribuiva a distruggere e ricostruire i lidi, quelle sottili barriere che separano la laguna dal mare. Una battaglia continua. Anche dentro alla città c’era il problema delle acque: i rii interni dovevano essere sempre tenuti d’occhio. «Tenere libero, con scavi costanti, il flusso e riflusso nel Canal Grande e nei rii, significava non più solamente agevolare la circolazione di barche, di uomini e di merci od impedire la corruzione e i miasmi delle acque, ma rimuovere ogni impedimento che diminuisse la massa d’acqua in entrata nella laguna e, con essa, la forza di quella in uscita».

Il libro analizza le architetture che in questo periodo continuano ad abbellire la città, opere costruite grazie alla loro abilità nel fondere le creazioni altrui: alla conservazione della tradizione bizantina si unirono le suggestioni dell’opus francigenum (o gotico).

Lo “stato da terra” intrecciò la politica veneziana alle sorti dei conflitti che nei secoli XV e XVI dilagavano in Italia e in Europa, impegnandola anche, come “stato da mar”, nella lotta contro i Turchi.
Ormai Venezia è una città cosmopolita: « La Venezia del Cinquecento era una città di  quasi 150.000 abitanti con frequentazioni amplissime di gente di ogni dove e con continua immigrazione di uomini e donne4 dai territori dello stato da terra e dello stato da mar  attratti dalla possibilità di occupazione che la città offriva».
Ed era uno spazio contraddistinto da ampie libertà, considerata l’epoca (almeno fino all’avvento della Controriforma), propizio ad arte, cultura e musica. Vi si sviluppavano diritto, teologia, filosofia, scienze esatte. Una certa libertà di costumi faceva proliferare il meretricio a tutti i livelli, dalle ‘mamole’ alle ‘cortesane’. Il Cinquecento è il secolo del colore con grandi nomi della pittura e delle gare in ricchezza tra le Grandi Scuole.

Di fronte alle trasformazioni del secolo Venezia prende coscienza dei suoi limiti e per sopravvivere inaugura una stagione (che sarà lunga) di “raccoglimento”: due le direttive della sua condotta, sottrarsi ai conflitti europei e conservare il suo assetto istituzionale e sociale. Nel Seicento, “secolo di ferro”, Venezia deve affrontare diverse prove: la perdita di parte del commercio nel Mediterraneo e la concorrenza di olandesi, inglesi e francesi; non è più un centro importante per i traffici con l’Asia; ha grandi difficoltà nell’armamento dei mercantili. Inoltre si aprono conflitti: dal contrasto con la Curia romana alla guerra con l’Austria, in cui emerge la debolezza delle forze militari terrestri di Venezia.
La battaglia invece che può dirsi vittoriosa è la salvaguardia del rifugio lagunare:
«Se il “secolo di ferro” si chiudeva amaramente con la perdita definitiva del proprio piccolo impero in Oriente, Venezia aveva trionfato però nel proprio immediato entroterra nella guerra iniziata due secoli prima contro i fiumi che, sfociando in laguna, minacciavano con tutta evidenza il suo impaludamento».

La “ragionevolezza” settecentesca ribadisce la coppia neutralità all’estero e conservazione all’interno. Ormai Venezia era solo un piccolo e debole stato incapace di salvarsi dai giochi di potere delle grandi potenze; la fine della Repubblica era  inevitabile: «Il pericolo era che si creassero in Europa squilibri tali da provocare eventi di scontro nei quali lo stato veneto, contro ogni sua volontà, fosse preso di mezzo e stritolato, portato a quella fine alla quale la sua avanzata senescenza per suo conto già naturalmente lo sospingeva». E questo avvenne alla fine del secolo.
Il seguito di Venezia è inserito nella storia del Regno d’Italia prima e in quello della Repubblica italiana poi. I problemi di oggi sono molteplici e sotto gli occhi della comunità mondiale.

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