Anagramma metamorfosi

Anagramma metamorfosi.

Anagramma metamorfosi

Anagramma metamorfosi: per una società migliore.

Anagramma metamorfosi: disordine nuovo ordine.  Con questo saggio Maurizio Bettini continua il discorso iniziato con il suo Radici. Affronta un tema molto presente nel dibattito culturale  di oggi, quello dell’identità. Ne parla con la consapevolezza di chi sa che non basta un discorso razionale ed informato per smantellare certe opinioni consolidate. «L’identitario “duro”, quello che stringe la tenaglia, ascolta solo quelli che parlano come lui, pensano come lui, sta chiuso nella sua “foresta” e, salvo miracoli squisitamente individuali, difficilmente sarebbe disponibile a uscirne per cambiare idea». Questo afferma  nell’Epilogo del libro. L’obiettivo è un altro: è quello di parlare agli incerti, a chi non ci ha mai pensato, a chi ha la mente aperta per ragionare, ai ragazzi che crescono, per spiegare che « l’Italia non è affatto una “foresta” da cui scacciare pericolosi intrusi,  ma è un paese civile e democratico, nel quale il rapporto con l’altro, chiunque o qualunque esso sia, non può che essere regolato dalle leggi e dalle antiche regole di umanità che stanno alla base della nostra cultura».

Che cosa c’entra l’identità con il binomio anagramma metamorfosi?  Nella parte conclusiva del saggio l’autore suggerisce che bisognerebbe avere l’atteggiamento dell’anagrammista che scompone una parola, mette in disordine le lettere e poi tenta di ricostruire una parola nuova, a volte con difficoltà, a volte senza riuscirvi, ma se è abile fa nascere un termine diverso da quello da cui è partito. La metafora è evidente: dal disordine un nuovo ordine, da una società chiusa in se stessa una nuova società inclusiva, anche se si deve per forza passare attraverso una fase di scompiglio.

Sintetizzo di seguito il saggio che si apre con una citazione dal De vulgari eloquentia da imparare a memoria e da riproporre a tutti quelli che si riempiono la bocca di parole come difesa identitaria della lingua italiana dei costumi italiani della cultura italiana e così via (e parlo del clima nazional-patriottico che stiamo respirando – parole peraltro senza azioni concrete per salvaguardare sul serio la cultura e l’istruzione):

«Chiunque ragiona in modo così ripugnante da credere che il posto dove è nato sia il più delizioso che esiste sotto il sole, costui stima anche la sua lingua materna al di sopra di tutte le altre [… ] Ma io che ho il mondo per patria […] benché ami Firenze a tal punto da patire ingiustamente l’esilio […] a leggere e rileggere i volumi dei poeti e degli altri scrittori che descrivono il mondo nell’insieme e nelle sue parti […] ho tratto questa convinzione: che esistono molte regioni e città più nobili e più deliziose della Toscana e di Firenze, di cui sono nativo e cittadino, e che ci sono molti popoli e genti che hanno una lingua più piacevole e più utile di quella degli italiani. Dante Alighieri, De vulgari eloquentia, 6, 2»

  • Nella tenaglia dell’identità Siamo travolti da un’ondata “suridentitaria”, categoria non solo inconsistente dal punto di vista teorico, ma anche pericolosa visti i disastri prodotti storicamente, ma anche nell’attualità.
  • Identitas La parola nasce nella tarda età imperiale, legata al dibattito religioso e filosofico sulla natura di Cristo, quindi in un contesto sacrale.
  • Alterità e alterazione. L’adulterio del tortellino I filosofi e teologi cristiani che hanno creato la parola identitas derivata da idem ‘lo stesso’, hanno coniato anche il suo opposto, cioè alteritas da alter ‘altro’.
    «Nella società contemporanea questa qualità ‘altra’ è rappresentata soprattutto dalle culture che non sono le ‘nostre’ (islamiche, africane in genere), dai popoli che non sono ‘noi’ (migranti provenienti da vari paesi, Rom) e in generale da comportamenti e costumi che abbiamo deciso non essere conformi ai ‘nostri’ (poligamia e infibulazione, matrimoni combinati, il velo delle donne islamiche, ma anche il couscous e altri cibi etnici, il caffè di Starbucks». Significativa la presa di posizione in difesa del tortellino dei sovranisti alimentari che non solo sono ridicoli, ma anche dimostrano in pieno la loro scarsa conoscenza di ciò di cui parlano con grande sicumera.
  • Purezza e sacralità L’identità nata in un contesto di sacro e sacralizzata dai sovranisti moderni si trascina dietro concetti religiosi come purezza, incontaminato, pulizia.
  • L’immigrazione. Incubi e illusioni L’immigrazione genera difficoltà, ma «l’avvento del nuovo costituisce sempre l’alimento indispensabile affinché la cultura di una data comunità si modifichi e si sviluppi.»
  • Sporcizia e pulizia Partendo da alcune affermazioni di Scianca che con considerazioni frammentarie ricucite alla meglio culminano «in un elogio di ‘Roma’ – inteso come esempio di perenne ‘origine’ – che in verità ricorda molto il finale del film Il gladiatore», Bettini sottolinea come l’identità esiga purezza e pulizia per eliminare la ‘sporcizia’ dovuta all’immigrazione. Quanto a Roma antica c’è da aggiungere che è stata una civiltà fondata proprio sulla mescolanza di uomini e di provenienze e aperta ad ogni apporto straniero.
  • Sacralizzazioni Sempre Scianca sostiene che a difesa dell’identità c’è la ’dimensione sacra dell’abitare’, concetti sempre più diffusi tra gli esponenti della destra; assistiamo ad «un massiccio ingresso della religione nell’arengo della lotta politica e ideologica, con un contestuale spostamento delle fedi dalla sfera dell’interiorità a quella dell’esteriorità»
  • Una religione dell’identità. Politeismi esclusivi Mentre le religioni politeiste hanno molte divinità e non escludono le divinità delle altre religioni, le religioni monoteiste hanno un solo dio che è soprattutto esclusivo e considerano tutte le altre divinità false. L’identità ha vocazione monoteista ed è contro ogni relativismo. E tuttavia esige che ci siano altre religioni per potersi contrapporre e stabilire così i confini della propria identità. Senza nessuna curiosità per ciò che è diverso.
  • L’identitario possiede una vera «cultura»? Se cultura significa desiderio di conoscere e di uscire dai confini della propria esperienza bisogna rispondere di no. «I territori dell’identitario hanno inevitabilmente un profilo pietrificato, ciò che gli riesce di vedere è sempre e soltanto la sua ‘foresta’» e non capisce che, come scrive Marc Augé, che «una frontiera non è un muro che vieta il passaggio, ma una soglia che invita al passaggio».
  • A quanti gradi bolle l’identità? Per stabilire la purezza di un elemento fisico si ricorre a parametri oggettivi. Un vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli, parla di tornare alla sorgente «dove duemila anni fa ha zampillato l’acqua pura della nostra identità» (allude a Roma). Ma è possibile misurare la purezza dell’identità?
  • La giusta distanza La percezione del concetto di identità muta nel tempo e parlarne oggi non è come se ne discuteva negli anni Cinquanta o Sessanta quando l’immigrazione era un fenomeno ridotto. Oggi bisogna maneggiare con attenzione questo concetto mettendo la giusta distanza tra identità e religione, identità e alimentazione, e così via.
  • Crisi di identità Incredibile: sono le maggioranze a sentirsi minacciate dalle minoranze!
  • Fuori posto Il diverso è fuori posto e genera disordine (anagramma metamorfosi), quindi bisogna, oltre che far pulizia, anche rimettere in ordine, secondo l’identitario. E stabilire confini.
  • Rimettere a posto Ad esempio respingendo i migranti con l’ipocrisia dell’aiuto a casa loro, sorvolando sul fatto che questo significa ricacciarli nelle guerre, nelle torture, nella fame.
  • Rimettere a posto i Rom L’Italia è il paese dove è più diffusa l’ostilità verso i Rom. Che sono, in numero considerevole, cittadini italiani. Li vogliamo rispedire a ‘casa loro’? Quale?
  • L’altra «invasione». Turisti e immigrati Anche i turisti sono una presenza estranea al nostro mondo, ma loro portano soldi, quindi sono ben accetti, sembra che non inquinino la nostra purezza. Tra l’altro i dati ci dicono che l’invasione dei turisti è molto più diffusa che la presenza di immigrati. Se pensiamo ai tanti turisti che bivaccano nelle città d’arte non si può dire che non ingombrino.
  • Panico identitario Gli immigrati sono sentiti come pericolo per l’Italia, perché potrebbero trasformare i tratti identitari della cultura italiana. anagramma metamorfosi.
  • La Grande Sostituzione Circola la diceria che sia in atto una sostituzione della popolazione italiana/europea con gli immigrati, diceria che distorce le affermazioni del filosofo austriaco Kalergi.
  • Il potere della Fama Tali teoria sono ormai penetrate nella “mediosfera” e circolano non solo tra gli “imprenditori del panico identitario” ma anche tra la gente comune.
  • Un universo narrativo La circolazione di queste dicerie è favorita dalla temperie culturale del nostro tempo connotata da una narratività «sempre più declinata nella direzione del giallo, del crime, della spy story…». Così un fenomeno particolarmente complesso come l’immigrazione viene semplificato e reso appetibile ai lettori-spettatori come un romanzo-film-serie tv del mistero, con tanto di “crisi, responsabile occulto, disvelamento”.
  • Pericolo Gli emarginati sono considerati pericolosi soprattutto se crescono di numero, perché potrebbero arrabbiarsi e attentare all’ordine del paese che li ospita. Di nuovo la fobia per il disordine provocato da anagramma metamorfosi. Paura per il cambiamento.
  • Tatuaggi, identità, separazione Il tatuaggio si è sviluppato nella storia come segno di appartenenza ad un gruppo che trova la sua identità nella trasgressione, nell’andare al di là della banalità del vivere quotidiano. Tuttavia oggi l’originaria trasgressività si sta ribaltando in conformismo. L’interesse per la propria identità si sposta dall’interiorità all’esteriorità e anche il tatuaggio (come l’uso di cosmetici, di pratica sportiva, di chirurgia estetica e così via) rientra nell’ossessione per il proprio corpo, che si ritiene abbia maggiore potere identitario rispetto alla personalità. Il tatuaggio marca in modo visibile il confine tra il nostro corpo e quello degli altri.
  • Disordine e cultura Anagramma metamorfosi
  • Epilogo Come non vorrei scrivere una quarta di copertina
  • Appendice Sacralità Anche il sacro è un concetto complesso che va ‘maneggiato’ con cautela

 

 

 

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