Doce cuentos peregrinos

Gabriel García Márquez
Doce cuentos peregrinos
DEBOLS!LLO 1998

 

Sono i racconti più belli tra quelli da me letti negli ultimi anni (e forse, ma non mi ricordo, in tutta la mia carriera di lettrice).
Se l’espressione “realismo magico” può avere senso, è in queste storie che viene disegnato; ed uso la parola “disegnato” perché la potenza visiva della scrittura di Márquez trascina dentro  quadri pieni di vita, di melanconia, di passione-compassione, di ironia benevola e addirittura affettuosa.
Ginevra Roma Barcellona Parigi Napoli Vienna estate inverno primavera autunno: tempo e spazio percorsi da vite singolari e tuttavia ammantate da normale quotinianità, tragiche e tuttavia tenere, magiche e tuttavia reali, anche nei sogni e nelle fantasie.
I personaggi di queste narrazioni arrivano in Europa dall’America Latina e attraverso i loro occhi sentiamo lo sguardo dello scrittore che sa cogliere, spesso, quello che gli Europei non sanno più vedere.
«El cuerpo de sus cuentos está lleno de riqueza y sorpresas, y su vestido es la elocuencia. Son -la palabra es inevitable- mágicos» (John Updike)
«En estos doce relatos magistrales acerca de la vidas de latinoamericanos en Europa, García Márquez transmite la melancolía, tenacidad, pena y ambición que forma la experiencia del emigrante» (dal retro di copertina).

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