Il sogno del Celta

Mario Vargas Llosa
Il sogno del celta
Traduzione di Glauco Felici
Einaudi 2011

«… un eroe e un martire non è un prototipo astratto né un modello di perfezione ma un essere  umano, fatto di contraddizioni e contrasti, debolezze e grandezze…». Così l’autore parla di Roger Casement nell’epilogo del romanzo che narra la sua vicenda umana; un personaggio controverso, coraggioso ed indefesso, fino all’annullamento di sè, nell’indagare e denunciare gli orrori del colonialismo in Congo e in Amazzonia durante lo sfruttamento di queste zone da parte delle Compagnie del caucciù; una persona, d’altra parte, molto sola e tormentata per quell’omosessualità sentita come peccato; e ancora, un nazionalista al limite del fanatismo.
Di lui si raccontano brevemente l’infanzia, funestata dalla morte precoce dell’amatissima madre, e la giovinezza; poi l’entusiasmo dell’avventura in Africa al seguito di Stanley; la presa di coscienza del vero volto del colonialismo sotto la maschera della missione “civilizzatrice”; quindi l’azione  come console britannico in Congo ed Amazzonia, documentata dalle pubblicazioni che fecero conoscere al mondo il volto disumano dello sfruttamento coloniale; infine la militanza  nelle fila dell’irredentismo irlandese e l’avvicinamento alla religione cattolica.
Roger Casement verrà arrestato nel 1916, in piena guerra mondiale, per tradimento, avendo lui voluto trovare nell’alleanza con la Germania, nemica dell’Inghilterra, un appoggio per la causa irlandese; la sua reputazione sarà compromessa dalla divulgazione dei suoi diari personali (che Vargas Llosa ritiene, nella finzione romanzesca, autentici, anche se nell’epilogo dà conto dei dubbi che la loro autenticità solleva), diari in cui il protagonista scrive periodicamente dei suoi rapporti omosessuali, in genere solo immaginati, utilizzando un linguaggio osceno e volgare.
La sua storia viene ricostruita attraverso il ricordo mentre è in cella in attesa dell’esecuzione (che verrà decisa dal governo britannico respingendo la richiesta di commutazione della pena, richiesta sostenuta anche da illustri personaggi come A.Conan Doyle, G.B.Shaw e W.B.Yeats): ogni capitolo è un salto temporale, dal presente al passato e viceversa, è un continuo avanti e indietro che si attua spesso anche all’interno del capitolo; la narrazione rimane comunque chiara grazie alla guida delle date che segnano le tappe della sua vicenda, agganciandole agli avvenimenti storici.
La struttura del romanzo è molto ordinata nelle sue suddivisioni: la prigione, il Congo, l’Amazzonia, l’Irlanda; i capitoli si susseguono alternando il presente (prigione-ricordo) e il passato, tutto incasellato; sembra quasi un voler arginare la violenza dei fatti in una griglia che possa in qualche modo neutralizzare l’orrore che si prova di fronte all’insondabile malvagità di cui possono essere capaci gli umani.
L’autore ci trasmette il tormento di un uomo che alterna momenti di energia eroica a profonde depressioni dovute al senso di impotenza di fronte alle sofferenze di cui è testimone; ne evidenzia la solitudine e le angosce per una omosessualità non accettata; ne segue i percorsi mentali e sentimentali che lo conducono ad un nazionalismo estremista e ad una dimensione religiosa al limite dell’integralismo.
Nella parte dedicata all’Irlanda, la vita di Roger Casement è totalmente assorbita dalla causa irlandese, tanto che, da un punto di vista narrativo, i fatti personali affiorano sporadicamente, come fiumi sotterranei che trasportano sì tutto il suo vissuto, ma nel profondo silenzio del non-evidente.
E’ un romanzo forte che sa coniugare la documentata evocazione di fatti storici con la creazione di personaggi potentemente delineati nella loro complessità.

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