Cane pallido

Heinrich Böll
Cane pallido
Traduzione di Giovanna Agabio
Einaudi 1999

La guerra non uccide solo i corpi, ma distrugge ogni soffio di umanità, annichilisce le menti, devasta le comunità: questi brani (racconti, frammenti) giovanili presentano già molti dei temi che ritroveremo nel Böll maturo. Che siano giovanili lo si avverte in una certa mancanza di distacco dalla materia narrata.
I curatori di questi inediti informano che i singoli testi presentano diversi gradi di completezza e qualche incongruenza cronologica, eppure si avverte una forte tensione emotiva che dà un tono quasi univoco a storie molto diverse tra loro (e non sempre complete).
A parte il primo racconto (scritto tra il 1936 e il 1937 e che mi sembra immerso in una specie di salsa mielosa-parrocchiale) gli altri brani, scritti immediatamente dopo la seconda guerra mondiale e la tragedia del nazismo, ruotano attorno ad un motivo comune: partenza-ritorno, una specie di arco sotto cui si consumano amori e dolori mentre il rumore di sottofondo della guerra, in atto o ricordata, è continuo.
Gli stati d’animo di chi racconta si specchiano nel paesaggio e alle rovine delle case distrutte, degli orti e giardini in abbandono, dei paesaggi una volta amati ed ora deformati – senza speranza di rimedio – corrisponde la devastazione dei sentimenti – e anche questa sembra senza rimedio.
In questa incertezza vagano i personaggi con l’inquietudine di chi cerca sempre qualcosa ma non lo trova mai e il loro cuore è gettato sempre un po’ più in là, verso l’irraggiungibile.

Chiude la raccolta un aneddoto (“del miracolo tedesco” – anni Cinquanta) che si distacca dal tono doloroso degli altri scritti, ma che è un’interessante spiegazione molto adattabile ai nostri tempi di imperante speculazione finanziaria. (http://www.fatimabechini.com/2012/11/25/)

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