Apocalisse

apocalisse

Apocalisse: catastrofe

Giuseppe Cagnato
L’Apocalisse di Marco
Nulla die 2015

 

Apocalisse, cioè catastrofe. Questa storia racconta la ben meritata distruzione che si abbatte sulla Terra.
Artefice della catastrofe è Catastrofe, un bizzarro non-umano (angelo? spirito non meglio identificato? “intelligenza”-si fa per dire- più o meno cosmica?); certamente è un essere sgangherato, confusionario, che però diventa la guida di Marco nel percorso per lui tracciato da un volere supremo (anche questo piuttosto nebuloso ed assente) che ha decretato la fine del mondo, l’apocalisse, appunto. Perché di questa umanità, diciamolo, non se ne può più; nemmeno noi umani riusciamo a sopportarci ulteriormente.
A Marco è affidato il compito di far ricominciare la vita umana sulla Terra dopo la distruzione totale.
Sua è la voce narrante di questo racconto che è una storia dentro la storia.
Ad una trama fantascientifica si accompagna la registrazione realistica dell’esistenza di Marco, della sua famiglia e di chi lo circonda, tutti personaggi delineati con ironica precisione e presentati come maschere della commedia umana.
Ne risulta una storia divertente, che scorre via senza intoppi; anzi, ad un certo punto, si è presi dalla classica frenesia di voler sapere come va a finire (e la conclusione è imprevedibile). Ci sono situazioni comiche, a volte buffonesche; qualche scena fa ridere in modo scontato, ma nel contesto ci sta: serve a creare quel clima di normalità che nasconde le follie, fobie, manie quotidiane dei personaggi, tipici rappresentanti di questo nostro mondo avariato, e dunque di noi stessi.
Ma non è che si ride e basta.
Già l’idea di una catastrofe, visto che l’umanità è ora più che mai sull’orlo di un precipizio (ambiente, moralità, pace mondiale, e così via), non fa tanto ridere. E questo, nel libro, riempie i pensieri di Marco.
Infatti c’è dell’altro: c’è la rabbia. La rabbia, pienamente giustificata, per il tradimento delle speranze in un mondo migliore, per la corruzione di chi doveva combattere la corruzione, per l’avidità di chi ricava potere e denaro a spese dei più disagiati; insomma, è la rabbia che caratterizza l’attuale scontento di noi comuni cittadini, ormai delusi da tutto e da tutti. Il romanzo diventa perciò una specie di lamento collettivo, un pianto sotterraneo, quanto mai attuale oggi e qui.
E c’è ancora dell’altro: c’è la malinconia.
Perché noi umani siamo cialtroni, ci diamo volutamente padroni cialtroni e prepotenti, ci lasciamo coscientemente bistrattare da umani come noi e peggiori di noi, ma non possiamo fare a meno di sentire il calore umano, di cercare l’abbraccio degli altri. E di soffrirne l’assenza. L’umanità sembra senza redenzione, merita di essere distrutta, ma questo è molto triste, perché l’umanità siamo noi; una malinconia profonda assale Marco: «Forse c’era qualcosa di peggio che morire insieme agli altri: essere salvato».

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