El francotirador paciente

Arturo Pérez-Reverte
El francotirador paciente
Alfaguara 2013

Certi libri riescono a farti visitare le città; come questo. Del resto l’autore ha l’abitudine di portare il lettore dentro le strade, nelle piazze, nelle stesse case, insomma nel cuore delle città in cui ambienta le sue storie: Lisbona, Verona, Firenze, Roma, Napoli. Madrid, naturalmente. In questo romanzo, in particolare, si visitano luoghi non turistici, vicoli, zone industriali dismesse, metropolitane, depositi di stazioni, tunnel, un ventre urbano buio e, a volte, pericoloso: i luoghi dei “grafiteros”, quegli artisti, per alcuni semplicemente bande di guastatori teppisti, che decorano-imbrattano i muri delle città, i treni, a volte i monumenti.
Per l’autore sono artisti, su di essi si è documentato (si veda intervista), con loro ha parlato ed ha condiviso alcune esperienze, di loro ha ascoltato, e trascritto, la protesta sociale. «Èrase una vez una raza especial de personas llamadas escritores de grafiti. Pelearon una fiera batalla contra la sociedad. El resultado todavía se desconoce.» (Ken, grafitero – En una pared de Nueva York, 1986).
Le amministrazioni delle città spesso cercano di limitare i danni, concedono spazi adatti, organizzano eventi che diano voce a questi giovani per evitare che rovinino i beni pubblici, ma i veri grafiteros non si lasciano comprare e rimangono ribelli («El poder siempre intenta domesticar lo que no puede controlar»).

In questa storia la protagonista, Lex, esperta di arte murale, è incaricata da un prestigioso editore di rintracciare il mitico Sniper, che è anche -con altri intenti- fatto ricercare da un ricchissimo e ambiguo uomo d’affari il cui figlio è morto precipitando dall’alto di un edificio che tentava di “decorare” secondo suggerimenti di Sniper.

La trama non è molto appassionante, è fluida, poco tesa; è come se mancasse l’urgenza della soluzione, che è poi l’elemento che rende imprescindibile la fine.
Rimane interessante la descrizione di questo mondo, sconosciuto per lo più, sospeso tra arte e teppismo.
E Pérez-Reverte scrive molto bene, accattivante come non mai.

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