Robert Wilson
L’uomo di Siviglia
Traduzione di Paola Merla
Longanesi 2004
Un pittore famoso, Francisco Falcón, e suo figlio, l’ispettore capo Javier Falcón, che si trova ad indagare su delitti terribili, in cui l’assassino ha inflitto alle vittime tormenti “visivi” talmente crudeli da indurli ad una morte atroce.
Sullo sfondo una Siviglia estenuata dalla Semana Santa e dalla Feria.
Ma non sarà un’indagine come le altre, perché l’ispettore si accorge subito che il suo intervento viene turbato da foschi presagi e ben presto il percorso attraverso questi delitti diventa un viaggio dentro il suo passato: «…sembra quasi che l’assassino abbia programmato la successione degli eventi proprio per arrivare a lui, Falcón. Per risolvere il mistero, Javier si trova costretto ad affrontare i complessi nodi emotivi della sua vita privata … a rielaborare le tracce più lontane e dimenticate del suo passato» (dal risvolto di copertina).
Attraverso i diari del padre, Javier intraprende un percorso in cui rischia di perdere la ragione, attraverso scoperte che lo sconvolgono e che lo invischiano in una nebbia che lascia intravedere orrori del passato, eventi sepolti e dimenticati; in una Tangeri decadente degli anni ’40 e ’50 emergono i comportamenti depravati delle vittime e di suo padre, in un crescendo di angoscia, fino alla rivelazione finale, che racconta a Javier tutta la verità su se stesso, e che coincide con la soluzione del caso.
Molti i personaggi, intricatissima la trama, che tuttavia si snoda in modo razionale, anche se tortuoso.
Romanzo letto alla vigilia di una partenza per Siviglia, per capire la città: ma l’autore è un turista, in fondo, come me; le sue descrizioni non vanno al di là di quella facciata che la città mostra a chi la guarda con amore ma senza capirla in profondità.