Daniel Pennac
Storia di un corpo
Traduzione di Yasmina Melaouah
Feltrinelli 2012
«Adesso, mio piccolo Dodo, è ora di morire. Non aver paura, ti faccio vedere io come si fa.» Una meditazione sulla vita è una meditazione sulla morte – e viceversa. Una meditazione-cronaca sul crescere, trasformarsi, deteriorarsi, decadere di un corpo è capire la vita e la morte. Questa è la storia del corpo del padre di Lison.
Nell’ “Avvertenza” iniziale scrive Pennac:«Taciturno, ironico, diritto come un fuso, accompagnato da una reputazione internazionale di vecchio saggio di cui non si curava minimamente, il padre di Lison, che ho incontrato cinque o sei volte in vita mia, mi intimidiva. Se c’era una cosa che non potevo assolutamente immaginare di lui era che avesse passato tutta la vita a scrivere queste pagine!»
Non sempre è così evidente, ma spesso i libri hanno un sesso e un’età: questo è di sesso maschile ed ha più di sessanta anni. La fisicità pervade tutta la storia – del resto è ovvio, a cominciare dal titolo.
Anche il diario in sè ha un corpo, con tanto di scheletro (l’importanza delle ossa…): e lo scheletro di questa storia, con gli ispessimenti ossei accumulati nel tempo, può essere ricomposto seguendo l’indice analitico.
Curiosa presenza, l’indice analitico, in una narrazione, è una specie di guida per orientarsi nei meandri di questo luogo – il proprio corpo – sconosciuto ai più, anche se è la condizione essenziale – ed unica – della nostra esistenza; sconosciuto ed ignorato, come qualcosa di cui non si percepisce più l’importanza.
Se ne trae un insegnamento? Forse questo: a chi è venuto in mente di separare l’essere in anima e corpo?