Il Nudo nell’Arte – vol.I

Il Nudo nell’Arte
Eros Natura Artificio
a cura di Gloria Fossi
Vol.I – Dal mondo classico a Michelangelo
Testi di Maurizio Bettini, Giuseppe Pucci, Gloria Fossi, Marco Bussagli, Carlo Ossola.

Nella prefazione si precisa che oggetto dell’opera non è tanto il corpo “spogliato”, quanto un prodotto culturale frutto di secoli di meditazione filosofica e prassi artistica.
M.Bettini in Le contraddizioni della nudità esamina il diverso atteggiamento della cultura greca rispetto a quella romana: i Greci hanno il culto del nudo ideale, mentre i Romani considerano la nudità un flagitium, una vergogna, in quanto il cives è sempre ricoperto della toga. Permane tuttavia il duplice aspetto della nudità, che diventa positiva nell’accezione di Nuda Veritas, Nuda Simplicitas. La storia mitica della nudità per eccellenza è quella di Adamo ed Eva: prima del peccato la loro nudità è innocente, dopo il peccato diventa cosciente di sé e in quanto tale vergognosa.
G.Pucci in Il Nudo e il Vivo indica come fulcro dell’immaginario dell’arte greca il corpo, che costituisce l’essenza viva dell’individuo; l’uomo, infatti, è misura di tutte le cose. Il corpo in tal senso è una costruzione razionale ed armonica (si parla quasi sempre di figura maschile; l’interesse per il nudo femminile rimane scarso). Il critico mette in luce il rapporto ambivalente dei Romani nei confronti del nudo, rapporto che corrisponde a quello, altrettanto ambivalente, nei confronti della cultura greca.
G.Fossi in Fra il cielo e la terra analizza l’idea della nudità nel Medioevo. In generale la nudità è male, la donna rappresenta il demonio ed è solo tentazione per l’uomo.Il nudo “sacro” (Cristo) è rappresentato senza connotazioni sessuali. Mentre nella filosofia buddista la nudità può essere oggetto di meditazione, in quella cristiana risulta fuorviante e distraente. Si incontrano comunque raffigurazioni di nudi in particolari circostanze: per rappresentare il corpo umano in quanto microcosmo-specchio dell’universo; in trattati scientifici (anatomia, astronomia) per lo più arabi; in trattati di medicina e di igiene. La statuaria classica è ritenuta manifestazione del demonio nella convinzione che il Maligno infonda vita nelle statue pagane per tentare gli esseri umani; in alcuni casi si reinterpretano alcune opere in senso cristiano. Con Villard de Honnecourt e i Pisano comincia il risveglio umanistico.
M.Bussagli in Centralità del nudo illustra l’epoca che va dal Quattrocento al Manierismo. La civiltà rinascimentale è connotata da prospettiva e proporzione, macrocosmo e microcosmo; l’arte diventa strumento di conoscenza dell’essenza delle cose: motivi scientifici e istanze teologiche si fondono nell’unità della visione artistica. Il corpo nudo frontale rappresenta l’equilibrio e la bellezza del cosmo (e quando così non è, lo si rappresenta di scorcio, come nel caso di Adamo ed Eva). Per tutto il Quattrocento prevale la considerazione del nudo come mito, come evocazione della classicità, di quel tempo antico in cui trionfavano armonia e bellezza; poi questo equilibrio si rompe e i nudi del Cinquecento esprimono rimpianto per l’armonia perduta, inquietudine e tormento. La conoscenza anatomica e canoni delle proporzioni non sono più specchio dell’ordine cosmico, ma semplicemente degli strumenti di lavoro. Con il manierismo i nudi femminili diventano sensuali; si ricorre meno alla frontalità equilibrata e si preferiscono lo scorcio, la diagonale, la serpentina. Il nudo entra nel regno delle passioni.
Infine il dottissimo saggio di C.Ossola, “Dextrae Dei digitus”, si sofferma sul significato della creazione di Adamo, una figurazione entrata ormai nell’immaginario collettivo, costruita da Michelangelo seguendo le Sacre Scritture; per gli uomini del Rinascimento Adamo rappresentava l’immagine ideale della perfetta bellezza virile, e lo specchio della “divina proporzione”, per Michelangelo tutta la scena rientrava nel contesto organico del racconto biblico.

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