REGIA: Kim Ki-duk
SCENEGGIATURA: Kim Ki-duk
ATTORI: Jung-Jin Lee, Choi Min-Soo
2012
Fin dalla prima scena lo spettatore pensa: «Non mi riguarda, non mi può riguardare…», proprio come il capo del protagonista, lo strozzino, che pur essendo il responsabile lontano di tanti orrori dice al suo “riscuotitore”: non sono io che ti ho detto di storpiare gli insolventi…
Forse nessuno di noi è propriamente responsabile della società che abbiamo creato, ma siamo comunque coinvolti in questo mondo dove il denaro (che cos’è il denaro?) è l’inizio e la fine di tutto: della vita, della morte, dell’amore, dell’odio, della vendetta.
Un mondo che avrebbe bisogno di compassione, di pietà, ma dove gli atti pietosi non sono in grado di risanare nulla, perché ormai è troppo tardi (è troppo tardi perché la madre possa salvare il figlio dalla sua malvagità); anzi, ogni atto pietoso si tramuta in nuovo strazio, come la liberazione del coniglietto che corre (felice?) libero nella strada che racchiude la sua morte.
O nella pena infinita di questo trentenne indifferente a tutto, privo di sentimenti, senza valori, senza scopo, e che non sa neppure riconoscere la sete d’amore materno che lo fa gemere e disperare come un bambino.
Il protagonista vive nel nulla senza scopo, ogni sua azione si svolge in un continuum indifferenziato dove lavarsi i denti o straziare un poveraccio ha la stessa valenza etica, o meglio: non ha alcuna valenza. La comparsa di una donna che si dice sua madre non fa che accrescere questa sua sorda e gelida disperazione.
Siamo a Seul, ma potrebbe essere qualunque periferia degradata, buia, sporca, affollata da un’umanità senza speranze, che lavora solo per rifondere prestiti a tassi inverosimili.
Ma che sia il vero volto del mondo di oggi? Quello che si può intravedere sotto la crosta sfavillante del progresso?
La narrazione è fatta di immagini e simboli, sarebbe difficile ricomporla alla luce della razionalità. Del resto la ragione non riesce a spiegare tanto squallore senza senso, lo si può solamente intuire sotto i quadri proposti, perché il film è costituito da una serie di quadri (e quello della locandina che simboleggia il film, non c’è nella pellicola: lo si aspetta con ansia, ma non compare; poi si capisce che è come una filigrana che traspare sotto le altre immagini, una pietà universale che non riesce ad affiorare).